Qualche mese fa ho partecipato alla riunione annuale degli italianisti messicani, l'associazione che riunisce tutti i maestri di italiano che operano in Messico.
Il direttivo era formato da maestre connazionali che, sedutesi al loro posto sul palco, ci squadrarono con quello sguardo tipico delle prof. italiane del tipo: «Io so, io sono, tu non sai e tu non sei.»
Poi la riunione cominciò.
Fu un'autentica scazzottata. Il tono delle oratrici, stridulo, preannunciava una imminente crisi di nervi. Non mi sarei stupito se fossero esplose in un «State zitti o vi sbattiamo fuori tutti!» Parlavano rapidamente, lanciandoci occhiatacce, muovevano la testa a scatti a destra e a sinistra pronte ad intercettare un disturbatore, un dissidente, un assonnato.
Il direttivo era formato da maestre connazionali che, sedutesi al loro posto sul palco, ci squadrarono con quello sguardo tipico delle prof. italiane del tipo: «Io so, io sono, tu non sai e tu non sei.»
Poi la riunione cominciò.
Fu un'autentica scazzottata. Il tono delle oratrici, stridulo, preannunciava una imminente crisi di nervi. Non mi sarei stupito se fossero esplose in un «State zitti o vi sbattiamo fuori tutti!» Parlavano rapidamente, lanciandoci occhiatacce, muovevano la testa a scatti a destra e a sinistra pronte ad intercettare un disturbatore, un dissidente, un assonnato.