Se vivete in Messico, una o due infezioni intestinali all'anno dovete metterle in conto, almeno nei primi anni. Ai turisti si consiglia di fare attenzione a dove si mangia, di bere sempre da bottiglie chiuse, diffidare del ghiaccio dei cocktail, preferire snack confezionati ecc.
Certo se ti fermi in Messico una
settimana e rimani fuori combattimento per quattro giorni la vacanza
è rovinata, se però ci risiedi il discorso cambia; non puoi vivere
costantemente incellofanato, devi uscire e prenderti qualche rischio
come fanno le altre ottocentomila persone di Aguascalientes.
La triste storia ebbe inizio mercoledì
scorso. Stavo scrivendo al computer quando mi sentii improvvisamente
debole con le giunture doloranti, come quando si ha l'influenza.
Ben presto dovetti mettermi a letto
scosso da brividi. La febbre mi salì a trentotto e così fui
costretto a tenerla a bada con del paracetamolo.
La notte che seguì non fu una delle
migliori della mia vita, proprio no. Brividi freddi si alternavano ad
episodi di forte sudorazione, inoltre dovevo andare spesso al
bagno.
Il pudore mi impedisce di descrivere
ciò che successe là dentro, vi dico solo che ne uscivo scosso; non immaginavo di essere capace di tanto.
Giacevo in uno stato di dormiveglia
malsano sognando di preparare lezioni di italiano e faticando come se
lo stessi facendo sul serio.
La mattina dopo la situazione non era
migliorata. Telefonai a scuola dichiarando il mio stato, poi mi
rimisi a letto in un limbo che non era né veglia né sonno.
Intanto i pellegrinaggi al bagno si
susseguivano con frequenza. Il pomeriggio decisi di andare a farmi
vedere da un dottore. Probabilmente c'era bisogno di un antibiotico
e, senza ricetta, non si possono comprare.
Mi infilai i pantaloni, i quali mi
scivolarono lungo i fianchi e si afflosciandosi alle caviglie.
Cos'era successo ai miei pantaloni? A loro nulla...
L'ambulatorio si trovava in
centro, a circa mezz'ora di taxi da casa mia. Una volta uscito non avrei
più avuto un bagno a portata di mano e mi sarei trovato nella zona più
urbanizzata e affollata della città.
Era solo questione di
respirazione, mi dissi, e di concentrazione. Inspirai forte, uscii di casa e
salii sul primo taxi.
L'ambulatorio era aperto, alla
reception c'erano due graziose adolescenti al computer affaccendate a controllare la propria pagina facebook. Mi
dissero che il dottore era fuori città e che sarebbe tornato la
prossima settimana.
“Grrrazie!”
A questo punto bisognava ragionare in
fretta. Se aspettavo il ritorno del dottore, mi sarei consumato
completamente trasformandomi in uno di quegli simpatici scheletri che
si vedono qui nel giorno dei morti; dovevo cercarmi un altro
ambulatorio, subito.
Ricordai che nel centro ci sono due
farmacie che mettono a disposizione un medico gratuitamente per sfavorire la pratica dell'automedicazione,
molto diffusa in Messico.
La passeggiata fu piuttosto stancante.
Ogni tanto avevo voglia di fermarmi e sedermi sul marciapiede ma non
si poteva, avrei attirato troppo l'attenzione su di me. Un
poliziotto avrebbe avuto la sua occasione per fare il gradasso.
Finalmente arrivai alle farmacie;
c'erano due ambulatori con minuscole sale d'attesa. In una incontrai
una famigliola.
La madre aveva un'espressione tesa e preoccupata in
contrasto con quella rilassata dei suoi cinque bambini che giocavano
e gridavano allegramente.
Andai senza indugio nell'altra sala d'attesa, vuota.
Avanzai e varcai la porta dell'ambulatorio.
Si trattava di un
ambiente minuscolo un po' più grande di uno sgabuzzino. Vidi un
lettuccio, una scrivania e, dietro la scrivania, il dottore.
Era un anziano, smilzo, con i capelli
grigi e ondulati pettinati all'indietro e con i baffi ben curati.
Portava un paio di pantaloni eleganti e una polo; lo stereotipo dell'uomo
colto latino.
Mi osservava.
Io, allora, goffamente chiusi la porta
e sedetti di fronte a lui. Udivo una radio mal sintonizzata ad un
volume forse eccessivo per lo spazio angusto dell'ambulatorio.
Il dottore ruppe il suo silenzio:
“Cosa succede, giovane?”
Gli spiegai i miei sintomi. Speravo
avrebbe diagnosticato al volo un'infezione intestinale,
prescrivendomi un antibiotico per darmi la possibilità di tornarmene
velocemente a casa a recuperarmi.
Mi sbagliavo.
“Uhm....”
“Però dimmi di più, cos'hai
mangiato?”
“Ma...” dissi: “Ho mangiato a
casa, verdura mi pare.”
“Solo verdura?” Volle sapere “Hai
mangiato bistecche? Hai mangiato Pollo? Hai mangiato Maiale?”
“No, solo verdure.” Era vero. Mi
ero fatto delle polpette vegetali e una teglia di verdure al forno.
Il dottore cadde in meditazione
profonda. Poi continuò ad interrogarmi, con un piglio più deciso.
“E dopo cos'hai fatto? Cos'hai preso?
Cos'hai mangiato?”
“Un po' d'acqua, del tè, qualche
biscotto.”
Allora mi spiegò che, in casi come
questi, è importante idratarsi bene e bisogna farlo preparandosi una
soluzione fisiologica costituita da un litro di acqua, due cucchiai
di zucchero e un pizzico di sale.
“E con questo mi recupero?”
Domandai. Mi sembrava una cura deboluccia, per contrastare una
colonia di batteri che stava proliferando allegramente.
“Sì.” Rispose il dottore. Poi si
sentì in dovere di parlarmi un po' di lui. Con calma estrasse il
portafogli e mi porse il suo biglietto da visita. “E' il mio
biglietto da visita.” Mi disse.
Improvvisamente qualcosa si mosse
dentro di me e non era precisamente un bebè che tirava calcetti,
nello stesso momento una goccia di sudore mi scivolò giù da una
tempia.
“Cinquant'anni di professione”.
Disse con orgoglio. “Sono dottore e chirurgo.” Lessi sul
biglietto:
“Medicina Generale e famigliare, Gastroenterologia,
Colon, retto, Ano, Obesità in tutte le sue forme.”
“E tu che cosa fai? Perché sei qui
ad Aguascalientes? Sei in vacanza?”
“No, sono un maestro di italiano,
lavoro all'università.”
“Io sono uno dei fondatori
dell'università.” Gli occhi del dottore presero distanza da me e
si persero nei ricordi. “Ho formato ventotto generazioni di
dottori.”
Mi mossi sulla sedia per cercare una
posizione più comoda.
“Ho preparato dottori di
cui ne vado fiero e di altri no.”
“E' inevitabile”. Commentai.
“E adesso sai che faccio?”
Scossi la testa.
“Adesso faccio volontariato. A questa
età bisogna tramandare l'esperienza. Questo è un paese che ha sete
di conoscenza. E' l'ignoranza che ci tiene legati al fondo.”
Annuii ammirato. Poi mi girai di centottanta gradi. Alle mie
spalle nulla indicava l'esistenza di un bagno, maledizione.
“Quindi giovane, ti idrati, mangi
leggero per tre giorni e prendi questo antibiotico che adesso ti
prescrivo.”
“Grazie, dottore.” Mi alzai e gli
diedi la mano. Attinsi una manciata di energia cosmica ed andai alla farmacia a
comprarmi la medicina.
Mezz'ora dopo ero a casa, senza
incidenti. Il giorno dopo a lavorare. Feci lezione tenendomi i
pantaloni con la mano ma il peggio era passato.
Pure lì fermano la gente che si riposa per strada???
RispondiEliminaCerto specialmente, specialmente se assomiglia ad uno zombie, centrifugato in lavatrice! :-)
Eliminasono un'ottima cura per perdere peso, quelle cazzo di infezioni. io dico così ma le temo tantissimo, una in Nepal mi è durata una settimana. l'unica dove il monsone ha fatto una pausa, c'era il sole, e quando mi sono ripresa, il monsone ha ricominciato.
RispondiEliminaio lì ho trovato un medico francese che pure lui mi ha fatto il terzo grado su dove e cosa ho mangiato... gli piace, che devi farci, poi si annoiano e quando arriva un paziente non lo mollano proprio!
Specie i vecchiotti che fanno i conti con il passato...
EliminaCiao, ho scoperto la tua storia su voglioviverecosì, complimenti! Ma lavoravi per legambiente per caso ;-)? Secondo te con una laurea triennale posso fare qualcosa a livello pubblico in messico? ciao e grazie
RispondiEliminaCiao Matrat, sì in Italia lavoravo per Legambiente. Il Messico per quanto riguarda le assunzioni nel settore pubblico è un paese strano; conta di più un buon appoggio che un buon curriculum.
EliminaSe non hai appoggi (come la maggior parte delle persone) la preparazione base per un lavoro di responsabilità è Laurea + master. Buona fortuna!
uffa, non mi lascia rispondere al tuo commento sui vecchiotti! sì, comunque, sì. il mio medico francese sembrava la versione spettinata e smagrita da anni di Asia di Daniel Pennac.
RispondiEliminaanche il mio maestro di yoga sembra la copia mite e un po' miope di Daniel Pennac.
o c'è un sacco di gente che somiglia a Daniel Pennac, o io ho un'insana ossessione.
comunque: stai meglio?? definitivamente?
Sono andato a vedermi la faccia di Daniel Pennac... in effetti adesso che mi ci fai pensare se ne incontrano diversi sullo stile...
EliminaGrazie, dai, adesso sto meglio! Devo mangiare e buttare su qualche chilo!
in spagna pensiamo che la "Venganza de Moctezuma" colpisca solo gli spagnoli: a marzo sono stata in messico col mio ragazzo (lui spagnolo io italiana): mangiando e bevendo el stesse cose lui ha passato 20 giorni in bagno, io fresca come una rosa!!
RispondiEliminaE' una specie di roulette russa naturale, eh! eh! eh!
EliminaNon pensavo ci fossero di questi problemi pure in messico.
RispondiEliminaIo sono riuscito ad avere lo stesso, ma in forma un pò più leggera in uk mangiando cibo importato chissà come dal flatmate cinese.